" Basketball never stops "
Questo blog è il luogo perfetto per i veri appassionati di basket. Se, come me, amate questo sport, soffermatevi e ditemi cosa ne pensate, ve ne sarò molto grato.

martedì 29 luglio 2014

Più basket per tutti

Non so voi, ma quando entro in un negozio di basket comincia a venirmi l'acquolina in bocca.
Proprio ieri ci sono stato, a Varese, una meraviglia.
Appena dentro comincia la confusione, non sai da che parte iniziare, vorresti vedere ogni singolo articolo con uno sguardo.
Cammini molto lentamente e continui a fermarti per guardare, toccare e nel mio caso, annusare.
Lo so, potrò sembrarvi malato o pazzo, ma ogni volta che vedo un bel paio di Jordan o una maglietta bella, io la annuso. Mi piace sentire l'odore di nuovo, di fresco, l'odore di qualcosa che, da lì a poco, diventerà mio.
Prima le felpe e le magliette, così morbide e profumate, con stemmi di squadre NBA o giocatori stampati davanti, una libidine. Verrebbe voglia di comprarle tutte, di comprare tutto il negozio!!!
Questo è solo l'inizio, ora comincia il bello: mi trovo davanti ad un corridoio di canotte NBA, tutte colorate, tutte nuove, tutte speciali. Essendo piuttosto grande il negozio, non si trovano le solite quattro canotte, ma se ne trovano un'infinità.
Una marea di squadre, una marea di giocatori del presente e del passato.
La sezione Jordan con tutti i cappelli e accessori vari, magliette e pantaloni. E' un trionfo di bellezza, uno spettacolo per gli occhi. Gigantografie di giocatori che hanno fatto la storia di questo sport appese per il negozio, con addirittura il viso di Micheal Jordan che ti guarda all'interno dei camerini!
Ma non è finita, mancano le scarpe...
Ad essere sincero io amo le scarpe da basket, ci vivrei dentro ad una scarpa!
Così perfette, così lucide, colorate, ahhhh sono il mio paradiso.
Mi soffermo sempre molto tempo in questo reparto, ogni paio deve essere osservato attentamente. In questo negozio c'è una parete piena zeppa di scarpe, dalle Jordan alle D. Rose alle Nike. Ci sono le scarpe di LeBron, del Gallo, di Dirk, puoi trovarci qualsiasi cosa.
Una volta finito il giro del negozio vieni assalito da quella tristezza mista a malinconia, perché tu vorresti vedere di più, sempre di più.
Tu intanto continui a girare fino a quando i tuoi amici, giustamente, ti fanno notare che ne hai già fatti dieci di giri.
Allora ti decidi a comprare qualcosa, non puoi uscire dal paradiso senza nemmeno un souvenir.
Scegli, annusi, provi, è perfetto, grazie dio del basket.


                                                                                         Gioele De Luca

domenica 13 luglio 2014

La partita del sabato pomeriggio

Ogni sabato è sempre la stessa storia, si perde del gran tempo a pensare a cosa fare nel pomeriggio e poi la risposta è sempre la stessa.
Perchè ormai la partita di basket del sabato è sacra, INTOCCABILE.
Questa settimana sono stato invitato da un mio amico in un campetto nuovo... O meglio, ci passavo spesso davanti in macchina, ma non ho mai avuto tempo di fermarmi.
Asfalto nuovo, canestri nuovo, retine perfette, è forse il paradiso?
Quando vado a giocare in un posto nuovo con gente sconosciuta, non mi piace rispondere " Si! " alla domanda " sei bravo a giocare a basket? ". Troppe aspettative, troppi problemi. Dammi la palla in mano e ti faccio vedere cosa so fare, dovrai essere tu poi a dirmi se sono bravo o meno.
Resto sempre piuttosto in ombra all'inizio, preferisco iniziare come il "nessuno" della situazione e dimostrare che qualcosa so fare durante la partita.
C'erano mille gradi, ma la voglia di cominciare era tanta. Pronti via, si comincia.
Mi piace molto il fatto che all'inizio la difesa sia praticamente inesistente, ma dopo due o tre canestri ecco che si comincia a far sul serio. C'è il solito gradasso che comincia forte e, dopo aver messo i primi due tiri, comincia a fare tiri impossibili per farsi notare, bruciato già in partenza. C'è il timido che, zitto zitto, tocca sei palloni e fa sei canestri. C'è quello veramente bravo che segna, prende rimbalzi, fa assist e soprattutto non si auto-incensa. C'è l'amico del fratello del cugino del cognato che è stato invitato per far numero e nella vita gioca a tennis.
Poi ci sono io: non mi piace molto parlare di me, mi sembra troppo narcisista. Sono un tipo a cui piace molto far girar palla velocemente, uno di quelli che tira quando deve tirare e la passa quando la deve passare. Non sono forte, ma cerco di fare del mio meglio.
Viste la difese semi-inesistenti, in ogni azione c'era un canestro.
Di questo gioco mi piace molto l'intesa che si viene a formare tra i vari componenti di una squadra: come vi ho detto prima, non conoscevo nessuno tranne questo mio amico ( che tra l'altro giocava nella squadra avversaria ) eppure in campo era come se ci conoscessimo a memoria. Sapevamo leggere i tagli, sapevamo le posizioni che avrebbe dovuto occupare ognuno di noi, sapevamo ogni cosa. Un occhiolino, un cenno d'intesa, così si fa amicizia nel basket.
Partita finita, bottiglie d'acqua che passano da una bocca all'altra. Stanchi, ma felici. Ognuno ha dimostrato di saper far qualcosa, ognuno è orgoglioso di sè.
Il sabato non dovrebbe finire mai, è una sorta di giorno sacro.
La conclusione la conoscono tutti, l'appuntamento è scritto: " ci vediamo settimana prossima, fratello ".

 
                                                                                                     Gioele De Luca

sabato 12 luglio 2014

Michael Jeffrey Jordan [3/3]. La leggenda

Perchè smette? Perchè Jordan vuole andarsene dalla NBA? Solo per la morte del padre?
Michael decide di smettere perchè ormai questa storia del basket è troppo grande per lui... Il suo brand è più famoso di quello dell'NBA e tutti, ma dico tutti, lo conoscono.
Intraprende quindi la carriera da giocatore di baseball perchè lui stesso afferma " voglio dimostrare di poter primeggiare anche in un'altra disciplina ". Non è così facile Mike, soprattutto se quello sport non lo pratichi più da anni ormai.
Firma un contratto coi Chicago White Sox e comincia una carriera mediocre e, fortunatamente, breve nel mondo del baseball.
I risultati modesti che ottiene Jordan sul campo non fanno altro che alimentare le voci su un suo possibile ritorno in NBA, il suo habitat naturale.
Non dura nemmeno un anno e mezzo la carriera da giocatore di baseball, Michael vuole tornare.
La ESPN blocca tutte le trasmissioni per fornire la notizia di un suo possibile ritorno ai Bulls, il mondo freme dalla voglia di sapere.
La storia a volte è troppo prevedibile, perchè MJ torna.
Un ritorno che provoca un delirio incredibile tra la gente, non solo i tifosi di Chicago festeggiano, ma i tifosi dello sport in generale.
Convoca una conferenza stampa e con poche parole annuncia il ritorno dell'uragano Jordan, " I'm back! ".
Non è lo stesso giocatore di prima però, ora sulla schiena ha stampato il numero 45. In una serie di playoff contro Orlando, Andreson dirà " il 45 dei Bulls è forte, ma il 23 era Superman! ".

Detto fatto, Michael si riprende il 23 e mette a tacere a tutti, dopo aver pagato diverse multe alla NBA.
E' incredibile l'impatto che Jordan ha nella lega, un marziano in mezzo a tanti uomini. Viene costruita una squadra perfetta intorno a lui, partendo dal solito vecchio compagno di avventure Scottie Pippen, il grande rimbalzista e personaggio Dennis Rodman, Steve Kerr e Ron Harper. Non è una squadra costruita per vincere, ma per dominare e distruggere.
E' l'inizio di un nuovo ciclo e lo si capisce da subito: nella stagione 95-96 arriva il quarto titolo di Chicago a discapito di Seattle, con Jordan che domina in lungo e in largo, vincendo tutti gli MVP possibili.
L'anno dopo i Bulls ripetono le orme dell'anno precedente, questa volta in finale ci sono gli Utah Jazz di Stockton e Malone.
Utah prova a tenere testa a Chicago, portando la serie sul 2-2. Ma in questo articolo stiamo parlando del più grande giocatore di tutti i tempi, di colui che vince contro tutti e contro tutto. Michael prende in mano il gioco e " puff ", quinto titolo.
L'anno dopo è, secondo me, il migliore. Perchè Chicago vince il suo sesto titolo, ma come lo vince?
Pippen ha la schiena completamente a pezzi e quindi tutta la squadra confida in Jordan. I Bulls sono stanchi, arrivano da due titoli consecutivi e una marea di partite nelle gambe, sono a pezzi.
Gara 6, la svolta. Siamo 3-2 Chicago e già nell'aria si capisce che se malauguratamente dovesse arrivare una gara 7, allora vincerebbe Utah.
E' l'ultima chance quindi per Michael e soci che, come se non bastasse, giocano fuori casa.
Il palazzetto è una bolgia incredibile per tutta la partita. Mancano 20 secondi e siamo sul +1 Utah, che ha pure il possesso per metterla in cassaforte. Quel varano di Jordan però non ci sta e, intuendo in anticipo quello che succederà, ruba palla a Malone.
Il finale è già scritto, tutti i tifosi di Utah si mettono le mani in faccia perchè sanno che Michael, in qualche modo, vincerà la partita.
Finta a destra, crossover e tiro pulitissimo che entra. E' il sesto titolo, il secondo three-peat. E' leggenda.
Non ci sono più ostacoli da superare, li ha già passati tutti.
Del suo fututo ritiro, il ritorno a Washington e l'ennesimo ritiro non voglio parlarne, voglio soffermarmi e finire sulle sue lacrime mischiate al sudore di quella gara 6, un uomo completo che ha compiuto il suo lavoro divino.
Un uomo che, da solo, ha risollevato il basket, l'ha preso e l'ha portato a livelli mai visti prima.
"Grazie" è l'unica cosa che si può dire ad un giocatore del genere, ad un uomo così perfetto. Grazie Mike, grazie.
                                                                                                          Gioele De Luca


sabato 5 luglio 2014

Michael Jeffrey Jordan [2/3]. La consacrazione

 Eravamo rimasti a quel Michael Jordan scelto con la numero tre dai Chicago Bulls. La squadra non era granchè ai tempi e speravano di poter costruire una corazzata proprio attorno a quel ragazzo.
Michael è un meteorite che precipita nell'NBA, nessuno si sarebbe mai aspettato un impatto tale. Comincia a macinare vittorie su vittorie: non assomiglia per nulla ad un rookie, sembra più un giocatore già formato nel corpo di un ragazzo.
I numeri sono dalla sua parte e infatti viene convocato per l'All Star Game e vince il premio " matricola dell'anno ".
Jordan è inarrestabile, è come se si ponesse dei limiti per poi superarli senza nemmeno faticare, è incredibile.
Il secondo anno non comincia nel migliore dei modi, con un infortunio che gli farà saltare parecchie partite. Ma Michael è motivato a tornare più forte di prima, e ci riesce. . .
Si carica sulle spalle i Bulls e li conduce ai playoff, dove scriverà una pagina di storia. Si trovano ad affrontare i Boston Celtic di un tale Larry Bird in una serie che sarà ricordata come una delle più belle. L'apice viene raggiunto in gara 2, con Michael che mette a referto 63 punti. Bird, finita la partita, esclamerà " Ho visto Dio, ed era vestito da Michael Jordan! ".
La terza stagione è quella della consacrazione, con Jordan che vince la classifica marcatori e scrive la storia, nuovamente. Sì perchè vince lo Slam Dunk Contest contro Dominique Wilkins, effettuando la schiacciata, ad oggi, più famosa di tutti i tempi. Stacca dalla linea del tiro libero, lingua di fuori e "sbam", il pubblico impazzito.
Ai playoff quell'anno verrà ricordato per " The Shot " contro Cleveland, un tiro mozzafiato, controtempo, con due avversari addosso che vale la vittoria di Chicago.
Arriva il quarto anno con Jordan sempre più padrone di un'NBA che si stupisce dinnanzi alle sue giocate. La squadra viene rinforzata con l'aggiunto di Scottie Pippen, un comprimario perfetto per Michael.
Ma ancora i Bulls vengono eliminati dai playoff, questa volta dai " bad boys " di Detroit. L'anno dopo la dirigenza effettua una mossa che si rivelerà in futuro più che azzeccata: invece di stravolgere completamente la squadra di anno in anno, Chicago cambia poco/nulla. Vuole che la squadra cresca sotto i consigli del maestro, tale Phil Jackson.
Era solo questione di tempo, perchè da lì a poco sarebbero arrivati tre titoli consecutivi, il primo " three peat ".
Jordan è inarrestabile, non esistono aggettivi che possano descrivere il suo gioco, così pulito, limpido, perfetto. Vince tre MVP delle finali e supera record su record. Il primo anno la vittima è Magic Johnson coi suoi Lakers, l'anno dopo Drexler e i suoi Trail Blazers e il terzo anno Charles Barkley coi Phoenix Suns.
Tre finali analoghe, con un predominio " Jordaniano " impressionante.

Ma proprio sul più bello ecco l'imprevisto: il padre viene ucciso da due ladri e gettato in un fiume. Per Michael, suo padre era il suo mondo... Era stato l'unico a credere in lui all'inizio, il suo vero motivatore, il suo migliore amico. Jordan prende così la decisione che farà versare lacrime a milioni di tifosi, decide di lasciare il basket. Vuole che l'ultima partita che ha giocato l'abbia vista suo padre, da adesso in poi giocherà a baseball, perchè il baseball era lo sport del padre.
Credete sia finita così? Credete che Michael Jordan abbia costruito la sua carriera, la sua immagine, il suo mito in soli otto anni di NBA?
Vi sbagliate, vi sbagliate di grosso . . .

                                                                                                 Gioele De Luca

venerdì 4 luglio 2014

Michael Jeffrey Jordan [1/3]. Gli albori

A dire il vero mi sento piuttosto emozionato ad affrontare questo discorso, è troppo "grande" per me... Però proverò comunque a raccontarvi chi è stato Michael e quale influenza ha avuto sul basket.
Nasce a Brooklyn nel 1963, ma al contrario di come molti pensano, Michael non è un fenomeno fin da subito. Frequenta la Laney High School, ma il ragazzo è molto grezzo e timido. Viene escluso dalla Varsity (squadra liceale) e comincia così un anno di duro allenamento in cui gioca per la Junior Varsity (una sorta di primavera) diventando il leader indiscusso. L'anno successivo supera le selezioni e diventa la stella anche della Varsity.

Comincia a formarsi, piano piano, un giocatore che cerca di emergere dalle sue paure ed insicurezze.
Finito il liceo Michael deve scegliere l'università, scelta fondamentale. Lui vorrebbe la famosa UCLA di coach Larry Brown, ma questo amore non è ricambiato. Si accasa quindi a North Carolina, un'università di tutto rispetto.
Coach Dean Smith però non nutre grande fiducia fin da subito in Michael, tanto da escluderlo dalla foto copertina per Sport Illustrated. Jordan è al suo primo anno e non riesce a prendere il controllo del gioco, non riesce a diventare il leader. Un motivo potrebbe esserci, ovvero che nella stessa squadra gioca anche un certo James Worthy, uno che farà parlar di sé anche in futuro.
Ma il primo anno di università si chiude nel miglior modo possibile, con Jordan che segna il tiro decisivo allo scadere. Perché è così importante questo avvenimento nella carriera di Michael?
Bé perché Jordan permette alla sua squadra di vincere il titolo di NCAA, perché la firma per la vittoria è sua, perché mentre tira la lingua è fuori e questo "particolare" lo renderà famoso.
I due anni successivi a North Carolina sono magnifici, con Michael che ha il permesso di gestire la squadra a suo piacimento. Gli vengono consegnate le chiavi della squadra, ora sì che è un vero leader.
L'unica pecca in quei due anni è il fatto che North Carolina non riesce a ripetersi nella vittoria finale.
Michael già al secondo anno di università potrebbe fare il grande salto, ovvero approdare in NBA, ma lui vuole aspettare. Non perché non si ritenga immaturo o all'altezza, ma perché l'anno successivo ci sarebbero state le olimpiadi di Los Angeles: viene convocato e vince la sua prima medaglia d'oro.
E' ora, finalmente, di affrontare ostacoli ben più grandi, di mettersi in gioco fino in fondo, di mostrare al mondo intero chi è Michael Jordan.
Si dichiara eleggibile per il draft del 1984: la prima scelta era già scritta e no, non era Michael, era il magnifico centro nigeriano Hakeem Olajuwon " The Dream ", uno dei centri più forti e dominanti della storia NBA. Portland ha la scelta numero due e chiama Sam Bowie. Chicago ha la numero tre e non si fa certo scappare Jordan.
Michael entra, finalmente, in NBA.



                                                                                                        Gioele De Luca







giovedì 3 luglio 2014

Una partita particolare

Dovete sapere, cari lettori, che il sottoscritto ama il basket, sia la parte teorica che quella pratica, ma non giocando più regolarmente, la fatica aumenta sempre di più.
Un mio amico ieri mi ha invitato a giocare in una palestra nelle vicinanze e alla domanda " scusa ma contro chi dovremmo giocare? ", la risposta è stata " tranquillo, siamo contro dei vecchi, si corre poco! "
Sia ben chiaro, io rimango sempre e comunque in allenamento, però è sempre meglio informarsi prima.
All'arrivo in palestra tutto normale, effettivamente loro erano delle persone con qualche annetto più di noi, sulla quarantina/cinquantina. Ok, si corre poco.
La favola però finisce quando comincia la partita....
Difesa a uomo, comincio a marcare un clone di Sean Connery, 50 anni più o meno. Decido di voler difendere bene fin da subito, quindi basso sulle gambe e scivolamento. Il "ragazzo" non ci pensa due volte e mi spara una bomba incredibile, con tanto di mano in faccio e sorrisino stampato!
Non è possibile, sarà stata la solita fortuna!
No, non era fortuna.... Queste azioni si ripetono per il resto della partita, stoppate, passaggi no look, alley oop...
Insomma, era veramente difficile difendere su di loro: avevano un tiro incredibile, tutti e 5, e se stavi loro troppo vicino, stepback e "ciaf"!
Mi ha stupito vedere persone piuttosto mature con una conoscenza così approfondita, con così tanti numeri nelle mani... Sembrava il video di "uncle drew" con Kyrie Irving travestito da vecchietto!
Perché questi signori non dimostravano assolutamente la loro età, erano veramente in forma.
La partita è finita con un sonoro 120-92 per i "vecchietti" e un loro incoraggiamento nei nostri confronti... " dai che la prossima andrà meglio! "
Mi sono divertito e stupito allo stesso tempo, dei ragazzini nel corpo di cinquantenni non li avevo mai visti!
La prossima volta correremo di più, ma mai, dico mai, sottovalutare l'avversario. " Tranquillo, siamo contro dei vecchi, si corre poco " dicevano.

                                                                                                 Gioele De Luca



mercoledì 2 luglio 2014

I soldi fanno la felicità

Premetto che non sono né un tifoso di Milano, né un tifoso di Siena, ma il detto " i soldi non fanno la felicità " ahimè non è riconducibile al basket.
Stiamo avendo in questi giorni due esempi che meglio incarnano la falsità di questo detto.
Da una parte l'Emporio Armani e dall'altra la Montepaschi Siena.
Due realtà completamente diverse, il paradiso e l'inferno, la vita e la morte.
Sì perché se Milano è riuscita a riprendersi, a vincere finalmente lo scudetto dopo 18 anni di astinenza, la povera Siena sta affondando giorno dopo giorno, sgretolandosi piano piano sotto i colpi della giustizia italiana.
Milano è tornata a spendere, fornendo a coach Banchi un roster tale da poter distruggere qualsiasi squadra, almeno in Italia. La riconferma di Gentile, l'acquisto dei vari ex Siena Hackett, Kangur, Moss, l'acquisto di Cerella, Samardo Samuels, Gani Lawal, Cj Wallace e Curtis Jerrels. Diciamo che più che arricchire un roster, il signor Armani è partito da zero e ha creato questa squadra di fenomeni.
Eliminata ai playoff di Eurolega dagli israeliani del Maccabi Tel Aviv, è stata una stagione discreta per quanto riguarda questa squadra, che è finalmente riuscita a mostrare una certa continuità almeno in campionato.
Dall'altra parte Siena.... Ah, Siena. La povera, vecchia Siena.
Ciclo vincente dal 2007 al 2013, entra nella storia per la sua compattezza e solidità, una squadra senza reali avversari, una squadra schiacciasassi.
Siena è costretta a cedere i suoi giocatori più rappresentativi ( quelli che vi ho elencato prima ) alla nemica Milano, ma d'altronde non ha possibilità: pur cedendo metà roster, la Mensana comincia la stagione con grossi problemi finanziari che derivano dal loro principale sponsor, la Montepaschi.
Il morale è a terra, come puoi giocare al massimo delle tue possibilità quando alla fine dell'anno la tua squadra non sarà più la stessa? Quando, comunque vada, la tua società retrocederà?
Ma i giocatori di Siena sono guerrieri e l'anno dimostrato in tutti questi anni d'oro.
Nessuno avrebbe dato loro una possibilità di arrivare in finale, eppure loro ci sono arrivati. Non certo col talento, ma col cuore, la grinta, la passione, la cattiveria agonistica di chi non vuol mollare, mai!
Il sogno però si è concluso nel peggiore dei modi, con Siena che ha abdicato a favore di Milano dopo aver assaporato la vittoria.
Lacrime, lacrime amare quelle dei tifosi, dei giocatori, dell'allenatore. Lacrime di chi ha dato tutto, ma non ce l'ha fatta.
Il consiglio d'Amministrazione non approva il bilancio e Siena viene messa in liquidazione. Si ha la risoluzione consensuale col contratto dell'ex GM Ferdinando Minucci.
Un incubo.
E' la fine di un ciclo meraviglioso, quello di Siena, e probabilmente l'inizio di uno nuovo, quello di Milano.
Due realtà completamente diverse, ma entrambe vincenti, dove l'unica differenza la fa, ahimè, il denaro.

                                                                                                               Gioele De Luca