" Basketball never stops "
Questo blog è il luogo perfetto per i veri appassionati di basket. Se, come me, amate questo sport, soffermatevi e ditemi cosa ne pensate, ve ne sarò molto grato.

sabato 12 luglio 2014

Michael Jeffrey Jordan [3/3]. La leggenda

Perchè smette? Perchè Jordan vuole andarsene dalla NBA? Solo per la morte del padre?
Michael decide di smettere perchè ormai questa storia del basket è troppo grande per lui... Il suo brand è più famoso di quello dell'NBA e tutti, ma dico tutti, lo conoscono.
Intraprende quindi la carriera da giocatore di baseball perchè lui stesso afferma " voglio dimostrare di poter primeggiare anche in un'altra disciplina ". Non è così facile Mike, soprattutto se quello sport non lo pratichi più da anni ormai.
Firma un contratto coi Chicago White Sox e comincia una carriera mediocre e, fortunatamente, breve nel mondo del baseball.
I risultati modesti che ottiene Jordan sul campo non fanno altro che alimentare le voci su un suo possibile ritorno in NBA, il suo habitat naturale.
Non dura nemmeno un anno e mezzo la carriera da giocatore di baseball, Michael vuole tornare.
La ESPN blocca tutte le trasmissioni per fornire la notizia di un suo possibile ritorno ai Bulls, il mondo freme dalla voglia di sapere.
La storia a volte è troppo prevedibile, perchè MJ torna.
Un ritorno che provoca un delirio incredibile tra la gente, non solo i tifosi di Chicago festeggiano, ma i tifosi dello sport in generale.
Convoca una conferenza stampa e con poche parole annuncia il ritorno dell'uragano Jordan, " I'm back! ".
Non è lo stesso giocatore di prima però, ora sulla schiena ha stampato il numero 45. In una serie di playoff contro Orlando, Andreson dirà " il 45 dei Bulls è forte, ma il 23 era Superman! ".

Detto fatto, Michael si riprende il 23 e mette a tacere a tutti, dopo aver pagato diverse multe alla NBA.
E' incredibile l'impatto che Jordan ha nella lega, un marziano in mezzo a tanti uomini. Viene costruita una squadra perfetta intorno a lui, partendo dal solito vecchio compagno di avventure Scottie Pippen, il grande rimbalzista e personaggio Dennis Rodman, Steve Kerr e Ron Harper. Non è una squadra costruita per vincere, ma per dominare e distruggere.
E' l'inizio di un nuovo ciclo e lo si capisce da subito: nella stagione 95-96 arriva il quarto titolo di Chicago a discapito di Seattle, con Jordan che domina in lungo e in largo, vincendo tutti gli MVP possibili.
L'anno dopo i Bulls ripetono le orme dell'anno precedente, questa volta in finale ci sono gli Utah Jazz di Stockton e Malone.
Utah prova a tenere testa a Chicago, portando la serie sul 2-2. Ma in questo articolo stiamo parlando del più grande giocatore di tutti i tempi, di colui che vince contro tutti e contro tutto. Michael prende in mano il gioco e " puff ", quinto titolo.
L'anno dopo è, secondo me, il migliore. Perchè Chicago vince il suo sesto titolo, ma come lo vince?
Pippen ha la schiena completamente a pezzi e quindi tutta la squadra confida in Jordan. I Bulls sono stanchi, arrivano da due titoli consecutivi e una marea di partite nelle gambe, sono a pezzi.
Gara 6, la svolta. Siamo 3-2 Chicago e già nell'aria si capisce che se malauguratamente dovesse arrivare una gara 7, allora vincerebbe Utah.
E' l'ultima chance quindi per Michael e soci che, come se non bastasse, giocano fuori casa.
Il palazzetto è una bolgia incredibile per tutta la partita. Mancano 20 secondi e siamo sul +1 Utah, che ha pure il possesso per metterla in cassaforte. Quel varano di Jordan però non ci sta e, intuendo in anticipo quello che succederà, ruba palla a Malone.
Il finale è già scritto, tutti i tifosi di Utah si mettono le mani in faccia perchè sanno che Michael, in qualche modo, vincerà la partita.
Finta a destra, crossover e tiro pulitissimo che entra. E' il sesto titolo, il secondo three-peat. E' leggenda.
Non ci sono più ostacoli da superare, li ha già passati tutti.
Del suo fututo ritiro, il ritorno a Washington e l'ennesimo ritiro non voglio parlarne, voglio soffermarmi e finire sulle sue lacrime mischiate al sudore di quella gara 6, un uomo completo che ha compiuto il suo lavoro divino.
Un uomo che, da solo, ha risollevato il basket, l'ha preso e l'ha portato a livelli mai visti prima.
"Grazie" è l'unica cosa che si può dire ad un giocatore del genere, ad un uomo così perfetto. Grazie Mike, grazie.
                                                                                                          Gioele De Luca


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