" Basketball never stops "
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sabato 5 luglio 2014

Michael Jeffrey Jordan [2/3]. La consacrazione

 Eravamo rimasti a quel Michael Jordan scelto con la numero tre dai Chicago Bulls. La squadra non era granchè ai tempi e speravano di poter costruire una corazzata proprio attorno a quel ragazzo.
Michael è un meteorite che precipita nell'NBA, nessuno si sarebbe mai aspettato un impatto tale. Comincia a macinare vittorie su vittorie: non assomiglia per nulla ad un rookie, sembra più un giocatore già formato nel corpo di un ragazzo.
I numeri sono dalla sua parte e infatti viene convocato per l'All Star Game e vince il premio " matricola dell'anno ".
Jordan è inarrestabile, è come se si ponesse dei limiti per poi superarli senza nemmeno faticare, è incredibile.
Il secondo anno non comincia nel migliore dei modi, con un infortunio che gli farà saltare parecchie partite. Ma Michael è motivato a tornare più forte di prima, e ci riesce. . .
Si carica sulle spalle i Bulls e li conduce ai playoff, dove scriverà una pagina di storia. Si trovano ad affrontare i Boston Celtic di un tale Larry Bird in una serie che sarà ricordata come una delle più belle. L'apice viene raggiunto in gara 2, con Michael che mette a referto 63 punti. Bird, finita la partita, esclamerà " Ho visto Dio, ed era vestito da Michael Jordan! ".
La terza stagione è quella della consacrazione, con Jordan che vince la classifica marcatori e scrive la storia, nuovamente. Sì perchè vince lo Slam Dunk Contest contro Dominique Wilkins, effettuando la schiacciata, ad oggi, più famosa di tutti i tempi. Stacca dalla linea del tiro libero, lingua di fuori e "sbam", il pubblico impazzito.
Ai playoff quell'anno verrà ricordato per " The Shot " contro Cleveland, un tiro mozzafiato, controtempo, con due avversari addosso che vale la vittoria di Chicago.
Arriva il quarto anno con Jordan sempre più padrone di un'NBA che si stupisce dinnanzi alle sue giocate. La squadra viene rinforzata con l'aggiunto di Scottie Pippen, un comprimario perfetto per Michael.
Ma ancora i Bulls vengono eliminati dai playoff, questa volta dai " bad boys " di Detroit. L'anno dopo la dirigenza effettua una mossa che si rivelerà in futuro più che azzeccata: invece di stravolgere completamente la squadra di anno in anno, Chicago cambia poco/nulla. Vuole che la squadra cresca sotto i consigli del maestro, tale Phil Jackson.
Era solo questione di tempo, perchè da lì a poco sarebbero arrivati tre titoli consecutivi, il primo " three peat ".
Jordan è inarrestabile, non esistono aggettivi che possano descrivere il suo gioco, così pulito, limpido, perfetto. Vince tre MVP delle finali e supera record su record. Il primo anno la vittima è Magic Johnson coi suoi Lakers, l'anno dopo Drexler e i suoi Trail Blazers e il terzo anno Charles Barkley coi Phoenix Suns.
Tre finali analoghe, con un predominio " Jordaniano " impressionante.

Ma proprio sul più bello ecco l'imprevisto: il padre viene ucciso da due ladri e gettato in un fiume. Per Michael, suo padre era il suo mondo... Era stato l'unico a credere in lui all'inizio, il suo vero motivatore, il suo migliore amico. Jordan prende così la decisione che farà versare lacrime a milioni di tifosi, decide di lasciare il basket. Vuole che l'ultima partita che ha giocato l'abbia vista suo padre, da adesso in poi giocherà a baseball, perchè il baseball era lo sport del padre.
Credete sia finita così? Credete che Michael Jordan abbia costruito la sua carriera, la sua immagine, il suo mito in soli otto anni di NBA?
Vi sbagliate, vi sbagliate di grosso . . .

                                                                                                 Gioele De Luca

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